Vi siete mai chiesti perché alle zebre, oppure alle giraffe o ai babbuini non viene l’ulcera, ma nemmeno la depressione, il reflusso, il diabete e altre malattie croniche, mentre agli esseri umani sì? Non lo avete mai fatto? In realtà nemmeno io ci avevo mai pensato prima di leggere il libro “Perché alle zebre non viene l’ulcera?” di Robert M. Sapolsky. A mio parere illuminate.
Quante zebre – oppure ippopotami, o giraffe, … – si interrogano su cosa potranno dire a un primo appuntamento o si preoccupano per il mutuo, oppure sono ansiosi di dover parlare in pubblico?
La nostra corteccia prefrontale (area cerebrale deputata al pensiero, alle decisioni, alla gestione delle azioni sulla base degli obiettivi, …) è ciò che ci distingue dagli animali.
Se le zebre e i leoni possono vedere insorgere problemi nei minuti a venire e attivare così in anticipo una risposta, noi esseri umani siamo in grado di stressarci per eventi lontani nel futuro (un super-potere? Non saprei se definirlo tale… a mio parere si poteva puntare sul teletrasporto).
Oltretutto, noi umani riusciamo a stressarci per cose del tutto “inutili” agli occhi delle zebre (relazioni, lavoro, ecc): la nostra esperienza umana abbonda di eventi stressanti di tipo psicologico! Se per la zebra il maggior stressor** può essere quello di avere un leone alle calcagna che vuole diventi la sua cena, per un essere umano potrebbe essere quello di tenere un discorso in pubblico. L’ulteriore differenza sta nel fatto che se la zebra riesce a salvarsi la pelle, si rilassa e non rimugina sull’accaduto (diciamo che non se la prende sul personale), mentre l’individuo che riesce o meno poi a parlare in pubblico ripenserà all’evento riattivandosi/agitandosi ogni volta (“cosa avrei potuto dire?”, “Cos’avranno pensato gli altri di me?” E così via).
Il nostro corpo si attiva in risposta ad eventi stressanti (stressor) attuando una serie di modificazioni fisiologiche (corporee) e la risposta è la medesima di fronte a ogni tipo di stressor (psicologico, fisico, sociale). Si parla infatti di “risposta aspecifica da stress”.
La risposta allo stress è in buona parte preparatoria, è funzionale alla sopravvivenza.
Il problema sussiste quando ci agitiamo senza alcun motivo reale/imminente (quelle che volgarmente chiamiamo “ansia”, “paranoia”, “melafaccioprenderemale”). Questo perché la sola paura che qualcosa di spiacevole accada, produce la stessa risposta fisiologica che produce il reale verificarsi di un evento stressante/spiacevole.
Ecco, questo è quello che succede nel corpo della zebra che scappa per fronteggiare uno stressor (il leone affamato che la rincorre):
- Aumenta la frequenza cardiaca perché il cuore deve pompare più sangue ai muscoli (preistoricamente la reazione al pericolo è quella di attacco o di fuga, quindi hanno bisogno di energia) e ai polmoni (che devono produrre più ossigeno, infatti aumenta anche la frequenza respiratoria)
- Aumenta la produzione di glucosio che va a fornire energia utile ai muscoli
- La digestione viene inibita (non c’è abbastanza tempo per trarre benefici dal lento processo digestivo, il sangue sta irrorando altre parti del corpo al momento)
- La crescita, la sessualità e la riproduzione vengono inibite (se hai un leone alle calcagna passa in secondo piano l’ovulazione, la produzione di sperma, l’intimità, l’idea di farti una famiglia …)
- Il sistema immunitario si inibisce (penserai ai tumori e alle infezioni in un secondo momento, adesso tutta l’energia serve per contrastare l’emergenza: non diventare la cena del leone)
- I sensi si fanno più acuti (la soglia di attivazione si abbassa: basta uno stimolo meno intenso per farci “scattare”)
- Si riduce la percezione del dolore (non è il momento per avere uno shock da dolore intenso, ci penserai dopo zebra!)
Bene, questo è ciò che succede anche al corpo umano in uno stato di emergenza e di stress acuto.
R.M. Sapolsky
“Ma se si vive ogni giorno come un’emergenza si finisce per pagarne il prezzo”
Il problema sussiste quando l’attivazione in risposta agli stressor (reali o immaginati) è prolungata nel tempo: il corpo permane in stato di allerta per molto tempo ed è così che rischiano di insorgere le malattie da stress. Come un esercito che finisce le munizioni, il corpo esaurisce le riserve utili a rispondere allo stressor cronico o ripetuto che lo minaccia e rischia maggiormente di ammalarsi.
Se si mobilita costantemente energia a discapito della sua accumulazione non verrà mai immagazzinata energia in eccedenza e questo potrà aumentare il rischio di sviluppare una forma di diabete (a forza di produrre glucosio), o problemi all’apparato cardiovascolare (a causa della pressione arteriosa che sale).
Se si continuano a rimandare progetti di costruzione a lungo termine, nulla sarà mai riparato: aumenterà il rischio di ulcere peptiche, di disturbi riproduttivi, di inibizione della crescita nei bambini.
Se si riduce la percezione del dolore ci accorgeremo di contratture e tensioni solo quando arriveranno oltre il limite della nostra soglia di dolore innalzata: ci abituiamo a stare nelle contrazioni muscolari non seguite da rilassamento e questo a lungo andare arrecano dolore o problemi alla postura.
Se si sopprime troppo a lungo la funzione immunitaria si sarà più facilmente vittime di malattie infettive e meno in grado di combatterle una volta insorte.
Mindfulness e tecniche di rilassamento (come il training autogeno) possono essere nostri preziosi alleati per contrastare gli effetti dello stress sul nostro corpo: la loro pratica contribuisce ad alzare la soglia di attivazione e a ridurre il tempo di ripresa fisiologico dopo lo stato di allerta, riportando il corpo a uno stato di sano equilibrio. In sostanza ci aiutano a fare un po’ come le zebre.
Comunque, per essere precisi, ho letto che anche alle zebre può venire l’ulcera, ma in casi molto molto rari. Sapete quando? Quando sono sottoposte a stress grave e innaturale, per esempio quando vengono trasportate per la prima volta in uno zoo.
Appunto, come volevasi dimostrare.
**stressor: evento stressante/situazione di pericolo/emergenza
Riferimenti bibliografici:
Sapolsky, R. M. (2018). Perché alle zebre non viene l’ulcera? La più istruttiva e divertente guida allo stress e alle malattie che produce. Con tutte le soluzioni per vincerlo. Lit Edizioni, Roma.